venerdì 15 novembre 2013

Evì Evàn....fuori luogo, ReBèTiKo

 


bevendo un bicchiere di vino
sentivo gli evì evàn
il rebetiko è una musica per viaggiatori
riconcilia a una doppia assenza
 con il luogo che hai lasciato e
con quello che devi ancora trovare,
sentendo gli evì evàn.




evievan2008@gmail.com
www.myspace.com/evievan
www.facebook.com/evievan.rebetiko
 

domenica 3 novembre 2013

glossario rebetiko

GLOSSARIO afioni: il papavero da oppio,per estensione, una sostanza narcotica, l'oppio, figurato, una cosa che snerva o che rende fanatica

akritikò: akritikà tragudia: canti demotici che narrano le gesta degli Akrites, le guardie di frontiera orientale dell'Impero bizantino . Gli akritikà tragudia sono i più antichi canti popolari greci conservati, spicca tra molti esempi la collezione
 in versi del XII sec, nota come "Epopea di Digenis Akritas" . 

akroama: il concerto, lo spettacolo che si fruisce soprattutto con l’udito, mentre lo spettacolo che usa soprattutto la vista è theama.


alani, pl. alania, anche alaniaris: il girovago, vagabondo, colui che vive senza pensare a niente, che vive sui desideri del momento, che passa da una situazione all’altra, che non riesce a rimanere in un lavoro o in una relazione.

aman-aman: esclamazione di implorazione di origine turca, pietà, ahimé, misericordia

amanès, pl. amanédes : improvisato assolo vocale tipico della scuola di Smirne;
 un particolare tipo di canzone, monodica, lunga e passionale  caratterizzata dalla ripetizione dell’ esclamazione turca Aman che significa misericordia, compassione.
Mentre l’amanès sembra che abbia un carattere musicale turco, molti validi orientalisti e critici musicali sostengono che, anche se coltivato dai Turchi e altri popoli d'Oriente, risente  l'autorità e l'influenza della musica bizantina e in particolare il suono chiamato "pesante", “greve”. Musicalmente, gli amanedes hanno il proprio stile con la voce alta, greve e profonda  che stira e prolunga in intensità e varietà i suoni delle parole, fornendo così passionalità  orientale alla canzone. All'inizio dell'amanès le parole sono divisi in suoni e sillabe , sviluppati in intensità e lunghezza e varietà di pronuncia in modo che un distico necessita di cinque minuti per essere cantato, per poi iniziare di nuovo, ripetendo lo stesso verso a un ritmo più veloce, accompagnato da altri cantanti in modo che  le parole del verso possano essere  compresi.
In Grecia si diffondono dal  1877, quando musicisti e parolieri iniziano a scrivere amanedes. La prima registrazione di amanedes avenne nel 1906 ad Atene, e circa lo stesso anno anche ad Istanbul .Va osservato che il 7 novembre 1934 il regime kemalista in Turchia ha vietato questo tipo di canzone in tutto il territorio turco per il fatto che si intreccia con i Greci e l'Impero Ottomano. Tre anni dopo il 1937 anche  il regime di Metaxàs, con una specifica disposizione vieta questo tipo di canzoni in tutto il territorio greco considerato come una sorta di pura musica turca! Cosi gli amanedes sono stati proibiti in entrambi i paesi.

arapiko: dai paesi arabi, di stile orientale, arapis: nero, arapien: di stile orientale

armatoloi e kleftes : Durante la dominazione ottomana della Grecia (1453-1821) i paesi e le città erano per lo più sottomessi mentre le montagne offrivano scomodi ma sicuri rifugi a quanti si opponevano al dominio straniero. Questi erano i kleftes ( in greco lett. "ladri" ), gruppi di greci resistenti datisi alla macchia, i quali ovviamente non avevano altra scelta se non una tattica di guerriglia e in molti casi di vera e propria razzia, ma che costituirono un disturbo costante per i dominatori. Per contrastare queste bande, furono costituite milizie composte anch'esse da greci, chiamati armatoloi, termine di chiara derivazione italiana da arma, armati. Si trattava spesso di ex capi kleftes, ai quali l'Impero Ottomano assegnava territori e forniva uomini e mezzi per contrastare i loro compagni di un tempo. In effetti, però, con il tempo questi due gruppi opposti finirono per collaborare, ed anzi insieme costituirono il nucleo dell'esercito rivoluzionario che nel 1821 diede inizio alla lunga e sanguinosa lotta di liberazione, terminata solo con il trattato di Adrianopoli (1829) e i protocolli di Londraco.

arvanites: popolazione di origine albanese i cui membri parlano Arvanitika , un ramo dialettale della lingua albanese . Provengono da popolazioni albanofone che si sono spostate soprattutto nella Grecia del sud e nella Grecia centrale, dal sud dell'Albania durante il Medioevo , in particolare tra i XIII e XVI sec a causa di conflitti sociopolitici del tempo. Gli arvanites hanno svolto un ruolo importante durante la Rivoluzione del 1821.

asikis: uomo con portamento fiero. Come aggettivo esprime uno dei migliori apprezzamenti e complimenti per un maghas. Dal turco asik:bardo popolare delle campagne che gira da paese a paese cantando ballate popolari e suonando il saz, "saz" è termine persiano e include tutti i tipi di liuto a collo lungo. 

ataktos: disordinato

an lahi: se capita

baglamas, pl. baglamades, baglamadaki pl. baglamadakia: strumento musicale simile al buzuki (ma di dimensioni più ridotte), utilizzato nella musica popolare greca. Di solito ha tre corde doppie. Il suono del baglama è acuto, perché ogni corda è accordata di un'ottava più alta di quella del buzuki. E’ uno strumento antico e piccolo, facilmente nascondibile soprattutto nelle carceri. Il baglama o è scavato o è fatto a doghe . La sua cassa può essere scavata da un unico pezzo di legno o da fogli di legno incollati tra loro in uno stampo. Il coperchio della cassa è sempre speciale perché il legno deve essere morbido. Diversi tipi di legno hanno la manica e la tastiera . La lunghezza del baglama è di circa 32 cm. Questo non significa che non ci sono baglama di diverse lunghezze . Il miglior legno per scavare la cassa è considerato il legno del gelso, mentre per il coperchio, il legno di abete. Inoltre nelle carceri si costruiva la cassa del baglama con mezza zucca scavata.

brussalidiko: hashish prodotto nella città turca di Brussa.

bucaro: irrompo, mi precipito

budrumi: prigione, dal turco Bodrum, prigione nei sotterranei di un edificio, per estensione, scuro e angusto spazio.

buluki : folla, dal turco Bölük, contingente di militari, non necessariamente irregolari. La parola in greco, ha assunto molti significati. Il denominatore comune è il concetto di folla, e in particolare folla disordinata. Ma ci sono differenze nell'uso della parola, spesso sottili. Così buluki può essere: Un gruppo di uomini armati irregolari - ladri e guerriglieri, ribelli, ecc significato molto vicino a quello turco. Una gilda, spesso, ma non necessariamente, in viaggio - ad esempio, gruppi di muratori in cerca di lavoro di villaggio in villaggio organizzati in bulukia guidati dal boulouktsis, una compagnia teatrale itinerante, letteralmente, un branco di animali, una folla indisciplinata, una folla rumorosa, una squadra che non ha un sistema di gioco o di governo.

busuksis, pl. busuksides: il suonatore di buzuki

buzuki, pl. buzukia, buzukaki pl.buzukakia: Il buzuki è uno strumento appartenente alla famiglia dei liuti a manico lungo, di lunghezza da 90 a 100 cm. Ha tre o quattro doppie (o anche singole) corde. Originariamente il buzuki aveva tre paia di corde di metallo in tonalità La-Re-Re, più tardi si aggiunge una  quarta coppia e la sintonizzazione divenne Do-Fa-La-Re. Una volta, fino agli anni trenta, la tonalità ( duzen ) cambiava a seconda della strada musicale ( makam ) della melodia.   Alcuni studiosi ritengono che deriva dalla tradizione musicale turca. Ma la maggior parte accetta l'origine turca solo del nome, büzük - anche se è probabile che la parola deriva dal persiano  tambur-e Bozorg  che significa “grande taburàs”, “grande liuto” convertendo-rg in "k" in greco e turco - e considerano invece la forma dello strumento una sorta di trasformazione dell’ antica Pandoura . Secondo questa visione, il buzuki, ha  la forma, le dimensioni e la disposizione delle corde, quasi le stesse da migliaia di anni. Passata dagli antichi Greci ai Bizantini,e poi ai Turchi e rifiorito negli ultimi 150 anni. Le variazioni di questo antico strumento sono state  parecchie negli anni della sua vita e aveva i nomi di Pandoura o pandourida, trichordon, , thamburà, tampùrin,  buzuki e molti altri con cui è stato chiamato, e altri di forme piccoli o più grandi della stessa famiglia di taburàs. In realtà erano solo piccole modifiche e varianti dello stesso strumento di base, il taburàs, della famiglia del liuto. Il musicologo e critico Febo Anogianakis descrive il percorso del taburàs e della storia del suo nome fino ad oggi. Nella storia moderna della musica greca, il buzuki, mentre era escluso dalle compagnie del dimotikò tragudi (clarinetto, violino, liuto, salterio) e del nissiotiko (delle isole, violino, liuto o violino-lira) con l’avvento del rebetiko, nella seconda metà del XIX sec. il buzuki ha iniziato a diffondersi per arrivare negli anni 1920-1935, ad essere lo strumento principe, con la costituzione della tipica compagnia del rebetiko (il formato consueto con due bouzouki, una chitarra e un baglama o varianti). Nel “Quartetto di Pireo”, del 1935 partecipavano Markos Vamvakaris , che suonava il buzuki e cantava, Pagioumtzis Stratos che  cantava prevalentemente, il Delios Anestis che suonava buzuki, chitarra e cantava, e Giorgos Batis che suonava baglama e cantava. Durante la storia del rebetiko il buzuki è stato perfezionato ed utilizzato dalle mani di grandi artisti, tra i quali Vamvakaris, Tsitsanis, Papaioannou, Chiotis, Mitsakis e molti altri. Il cambiamento più importante del buzuki è stato introdotto da Manolis Chiotis nel 1950, che ha iniziato ad usare il buzuki a quattro corde doppie, con tonalità moderne, sia nelle registrazioni dei dischi sia sul palco. Il buzuki a quattro corde doppie, essendo più polifonico, consente accordi sempre più ricchi e il numero più alto di corde facilita l'esecutore di suonare con più velocità sulla tastiera con le dita della mano sinistra.

chartura: le mance date ai musicisti, i soldi in carta.

chorofilakes: la polizia di campagna greca

cikrikoni: il tacchino

dais, pl. daithes: dal turco dayi (non si pronuncia la y) significa in turco lo zio, il fratello della madre. Il suo significato include quello di 'protettore', e 'promotore' di difesa (nella società dominata dagli uomini) delle donne. A questo significato, si rifà il termine kabadayi (la b è pronunciato come pi), che significava "grande fratello" inizialmente e, successivamente, quello che nella nostra lingua, abbiamo adottato come Ntais (kaba significa rozzo, grezzo, malfatto). Kapadais oggi viene chiamato il "leader" di bande locali, che controllano il quartiere e impongono il loro ordine e interessi, dal turco dayi, uomo audace e coraggioso, che non sopporta offese, spavaldo e prepotente, dal coltello facile, amante della libertà e autonomia. Sinonimo di rebetis, maghas. Vedi anche la voce kapadais. L'esistenza e l'azione dei daides può essere spiegata se si considera la condizione deprimente della vita delle persone nel XIX secolo. Perfetto abbandono da parte dello Stato, lo sfruttamento predatorio dei padroni, il disprezzo e 'l'indifferenza della società. I daides erano l’espressione contro questa oppressione, la componente militante della povera gente. Le ragioni che guidavano le azioni dei daides apparivano sospette, inspiegabili e criminali. Agli occhi del mondo borghese, ogni atto dei daides sembrava malvagio, rapina, crimine e reato. Il potere e la società gli considerava degli anarchici. Ma i veri daides da sempre erano sinonimo di fiducia in se stessi e convinzione sulla giustizia di ogni loro atto. E per ogni dais la galera era un vanto e veniva considerata come scuola di vita. Il dailiki, il comportamento spavaldo del dais, era un'istituzione che operava sui margini della società e alle spalle dell’autorità. Un contromondo creato dai daides. Un gruppo di persone disobbediendi alle esigenze della società e le leggi dello Stato. Strutturato spontaneamente e 'disorganizzato in una sorta di segreta fratellanza, il dailiki era senza statuto e senza sede. Avevano le loro regole non scritte, che guidavano la loro vita e organizzavano le loro azioni. Stampate nell'anima e nella loro coscienza. Queste regole si fondavano in un senso di smisurata libertà della loro vita che gli spingeva ad azioni spavalde, senza il senso del pericolo. Il dais vuole godersi la vita ma nel autodeterminazione, l’orgoglio e la libertà. I daides preferivano fare i loro affari nella periferia. Quartieri e parrocchie periferiche della grande città, luoghi adatti per le loro attività illegali, dove potevano nascondersi o fuggire. I lavori che facevano i daides, lavori apparenti, per gli occhi della gente, erano insignificanti e comuni. Quelli che stavano meglio avevano un caffè o un osteria, che portavano avanti i loro sottoposti. Alcuni erano membri influenti della Tulumba, l’ organizzazione dei pompieri di Istanbul, come kapadais. Alcuni avevano un pezzo di terra in un villaggio vicino alla città. Ma la professione più redditizia e più bella per un dais era il traffico, preferibilmente di hashish, oppio, tubeki e tabacco.

dalkas: dolore pesante derivante dalla frustrazione di un desiderio.

damira: è l’hascish nell’argot dei kaliardà.

dauli: strumento a percussione nella musica tradizionale dal suono molto potente. Si suona con due bastoni, uno spesso e uno sottile, che colpiscono le due parti in pelle. Si usa molto nella musica della Macedonia e Tracia in combinazione con due cornamuse.

dendrolivano: il rosmarino

derbenderisa, masch. derbenderis: il disordinato, l’instabile, colui che di qua e di là. Dal turco derbeder che ha lo stesso significato.

difillo, trifillo, tetrafillo: lo spinello fatto da due, tre, o quattro cartine.

divani: il divano, viene dal termine arabo di origine persiana diwan, con cui s'indicavano i registri amministrativi, conservati un un apposito locale dove gli scribi lavoravano seduti su cuscini. Dai registri il termine passò a designare l'ambiente e, in modo traslato, l'insieme dei cuscini su cui si sedevano gli addetti alla scrittura. Già in epoca califfale il vocabolo era utile a designare le amministrazioni dello Stato e la cosa sopravvisse anche nell'Impero Ottomano, in cui con esso ci si riferiva al Consiglio dei ministri.Non troppo diversamente successe col vocabolo "sofà", derivante dall'arabo suffa, che vuol dire "cuscino".Il termine originario fu francesizzato in divan per indicare una lunga panchetta con fiancate o braccioli.

drami pl. dramia: unità di peso diffusa in tutto l’impero ottomano, utilizzata in Grecia fino al 1959. Un drami in Grecia è pari a 3,203 grammi . 400 dramia equivalgono a un okà . La parola deriva dal arabo Dirham (o dirham), che a sua volta deriva dall'antica dracma .

dumani, pl. dumania: un luogo chiuso che è pieno di fumo, dovuto alla presenza di molti fumatori.

dumanakias: chi frequenta un tekès senza essere coinvolto direttamente, senza fumare ma sballa dal denso fumo degli altri. Non fuma o perché non ha soldi, o perché non riesce a superare l’inibizione del divieto di usare le droghe;

dumanotripa: un piccolo buco nella parte superiore del narghilè che mentre si fuma viene chiuso con il dito in modo tale da equilibrare le pressioni.

duzeni: termine che significa i diversi modi di accordatura di un strumento musicale. Deriva dalla parola turca "dyzen", che significa "ordine", "armonia". Metaforicamente significa divertimento, buon umore, eccitazione. Nella terminologia musicale, soprattutto per quel che riguarda il buzuki, significa accordature differenti, non solo la classica "Re-La-Re", ma anche altre come come il "karaduzeni" (Sol-La-Re), l" arapien ",il"pireotiko", l’" anihtò”(La-Mi-La), ecc.

fara
nell’argot significa la “piazza”, la classe del sottoproletariato criminale e non. Forma di organizzazione sociale degli arvanites, albanesi, basata sulla provenienza famigliare(simile alla dinastia). Gli albanesi sono stati organizzati in clan famigliari, in particolare durante la dominazione ottomana. Al vertice della gerarchia c’è un capo della fara che da il suo nome ad essa. Nei paesi degli arvanites ogni fara ha dovuto tenere un registro genealogico, molti dei quali si sono salvati come documenti storici nelle biblioteche locali. Di solito ci sono diverse fare in un villaggio e, talvolta organizzate in fratrie con interessi contrastanti. Questi fratrie non sono durate a lungo, perché ogni capo fara vuole essere leader della fazione e non era disposto a prendere ordini da un altro.

filakì: prigione, carcere

fitili: miccia

fissarufa: termine composto dai verbi, fissao: soffio e rufao: succhiare, denota il movimento del respiro nel fumere il narghilè o lo spinello.


fos: luce

fundal’erba, la marijuana.

furfuri: la parte superiore dello spinello, che una volta rollato viene chiusa con cura e poi bruciata perché è solo carta.

ghiaur, ghiauris: dal turco gâvur, preso in prestito dal persiano gabr adoratore del fuoco, è una denominazione dispregiativa, rivolta agli infedeli cristiani dagli Ottomani. Indica odio contro i cristiani.

ghistani: il carcere, cella dei sotterranei senza luce.

kapadais, pl kapadaithes: figura del sottoproletariato di Istanbul tra la seconda metà del XIX sec e la prima meta del XX sec. Nella prima metà del XIX sec. l'equivalente di rebetis era il kulhanbey, Il principe del ipocausto. Ipocausto è il piano seminterrato del Hamam, dove c’è il fuoco per riscaldare l’acqua e gli ambienti del hamam. Si trattava di persone senza fissa dimora che passavano la notte negli ipocausti, al caldo. Erano una sorta di confraternità nella città; per essere ammessi bisognava essere orfani e dimostrare le proprie abilità nel rubare. Un po’ piccolo ladro, un po’ mendicante, il kulhanbey svolgeva lavori occasionali, e tra le loro presunte regole c’era una sorta di "solidarietà di classe" con le donne povere e i facchini. Gradualmente si sono evoluti: cominciarono a vendere protezione e praticare l’estorsione ai negozianti, a rapinare di notte i passanti finchè la polizia nel 1846 arresta circa settecento kulhanbey, la maggior parte dei quali sono stati obbligati ad arruolarsi nel'esercito . Al kulhanbey successe il Kapadais, che spesso ha lavorato come vigile del fuoco (touloumpatzis), lavoro fatto in precedenza dai giannizzeri. Ogni quartiere aveva il suo Kapadais, che spesso era protetto da un potente della città che aveva a sua volta, il ruolo di protettore della pubblica moralità.. Avevano il loro codice d'onore, facevano da arbitro nelle dispute del quartiere, e come la malavita greca, a volte collaboravano con i politici e pascià e vendevano protezione. Il Kapadais era un equivalente esatto della Fara o del rebetis tra le due guerre e frequentava i Shemai kachveleri o "caffè con la musica”, dove ascoltava gli Amanedes e i canti epici (destàn) di colleghi famosi. I loro nomi erano leggendari già tra le due guerre mondiali, quando qualche studioso del folclore ha registrato le loro biografie. Ecco come sono stati descritti alcuni nel 1937: “Il Balatli Tsarktsi Etchem tiene un caffè al Balàt. Il Erzintzanli Airantzi Hamdi scrive domande e costruisce timbri sulla Egioup. Il Balatli Mousevi Nesim fa il venditore itinerante di noccioline al Balàt”. Sono molto interessanti i canti epici o destàn, che di solito raccontano di un omicidio (quasi sempre nella canzone parla l’ucciso), a volte di un incidente sul lavoro (ancora una volta parla l’ucciso), di una prigione, della sofferenza di un soldato ottomano nel deserto dello Yemen, o eventi come incendi e terremoti.

karsilamas: tipo di danza popolare, metaforicamente è un tipo di truffa con destrezza. (Il ladro incontra frettolosamente la vittima, fa finta di perdere il passo una volta verso sinistra e una volta verso destra cercando di far coincidere i suoi movimenti con quelli della vittima mentre il complice del ladro approfitta per svuotare le tasche della vittima.) Il Karsilamas è un ballo casto ma allo stesso tempo erotico, ballato in coppia frontale. Questo significa anche il suo nome (karşılama in turco), poiché "Karsi" significa opposto, contrario. L'origine del karsilamas è dalle coste del Asia Minore. Si è diffuso in Tracia attraverso Costantinopoli e divenne il mezzo di espressione e di intrattenimento per tutti i rifugiati del 1922. La limitazione dello spazio, la semplicità del movimento, la libertà per il numero e i tipi dei strumenti musicali richiesti, la libertà di comunicare, hanno fatto del karsilamas una danza molto amata. Ha dominato e continua a essere molto ballato nelle feste. Ci sono karsilamades lenti e altri veloci. Il tempo è di 9 / 8 e si balla in quattro passi, in tempo 2,2,2,3 (oppure veloce,veloce, veloce, lento). Lo stile e la disposizione variano da regione a regione. E’ un ballo di coppia in posizione frontale, con le mani a livello degli occhi e si muove come in uno specchio: quando uno va fuori, l'altro va fuori, quando uno viene verso l'interno, l'altro viene verso l’interno. Lo stesso accade con i movimenti circolari e le giravolte.Oltre che in Asia Minore e la Tracia, il karsilamas è ballato in tutta la Grecia ma soprattutto nel isola di Lesvos. Lì si incontra una variante col nome kamilieriko probabilmente perché il danzatore imita l'andatura ondeggiante del cammello. In particolare, il kamilieriko quando viene ballato in coppia è considerato come appartenente al gruppo dei karsilamades, e quando viene ballato da una persona sola appartenente allo zeibekiko. Il karsilamas è ballato oggi, dalla Persia fino alla Serbia, in Grecia soprattutto in Macedonia e Tracia.

kiulabeis: dal turco kulhanbey, nella prima metà del XIX sec. l'equivalente di rebetis era il kulhanbey, Il principe del ipocausto. Ipocausto è il piano seminterrato del Hamam, dove c’è il fuoco per riscaldare l’acqua e gli ambienti del hamam. Si trattava di persone senza fissa dimora che passavano la notte negli ipocausti, al caldo. Erano una sorta di confraternità nella città; per essere ammessi bisognava essere orfani e dimostrare le proprie abilità nel rubare. Un po’ piccolo ladro, un po’ mendicante, il kulhanbey svolgeva lavori occasionali, e tra le loro presunte regole c’era una sorta di "solidarietà di classe" con le donne povere e i facchini. Gradualmente si sono evoluti: cominciarono a vendere protezione e praticare l’estorsione ai negozianti, a rapinare di notte i passanti finchè la polizia nel 1846 arresta circa settecento kulhanbey, la maggior parte dei quali sono stati obbligati ad arruolarsi nel'esercito . Al kulhanbey successe il Kapadais.

koboloi: è una specie di rosario composto da perle di osso , ambra , vetro , legno , ecc, forate al centro e passate a un filo le cui estremità sono uniti da un nodo , che vengono mosse lentamente una dopo l'altra; passatempo maschile che risale a epoche precedenti. Viene chiamato anche begleri nel argot del maghas. Nella chiesa latina, un simile oggetto che funge da oggetto ausiliario di preghiera è il rosario ", dalla parola Rozus = nodo, e nella chiesa ortodossa l’equivalente al rosario si dice komboschini, kombos:nodo, schini:corda ". Il koboloi è popolare anche in Turchia e il Medio Oriente. In Turchia viene chiamato tespich. Oggi in grecia viene spesso chiamato efchantro. La parola "Efchantro", denota il processo di secolarizzazione del koboloi che da strumento della preghiera per purificare la mente e il cuore dalle passioni umane, si trasforma in un gioiello e simbolo di prestigio sociale, distante dalla percezione negativa del passato che lo vedeva come simbolo del rebetis, del fannullone e del criminale. Molti rebetika hanno cantato il koboloi e in molte registrazioni di dischi si sente il suono del koboloi nello sfondo.

kubura,kuburi: dal turco kubur, pistola

leventis : coraggioso dal turco levend che significa uomo bello e forte, termine che in greco ha i seguenti significati: l’uomo virile, corpulento, soprattutto il giovane bello e prestante 2. corragioso, colui che osa 3. Lo schietto, che ha carattere dritto, magnanimo e signorile.

madinada, pl. madinades: poesia composta da due versi di quindici sillabe, di solito in rima o quattro semiversi non necessariamente in rima. E’ una spontanea espressione popolare in varie parti della Grecia, ma soprattutto è un caratteristico modo di cantare nel isola greca di Creta , che è famosa per i distici che riflettono i sentimenti, i pensieri e la vita del popolo cretese. Ci sono i distici beffardi, erotici, filosofici e del occasione.

magha, maghatzis: era un gruppo o unità di un esercito irregolare durante la rivoluzione greca contro l’impero Ottomano del 1821 . Il termine si presume che è di origine albanese, col significato di gruppo armato col numero di appartenenti imprecisato. Durante l’impero ottomano la magha albanese era un corpo di uomini armati che non erano membri di una famiglia, come era la fara. La magha era diffusa in tutto l'Impero Ottomano. Così le forze che hanno promosso l’insurrezione del 1821, si sono organizzate in base alla magha, come unità minore delle armate messe in campo. Due o tre maghes, facevano un buluki. Il leader di ogni magha era il "maghatzis" ed era un sottufficiale mentre il capo di ogni buluki era chiamato Buluktsis ed era considerato un ufficiale. Molti di questi bulukia facevano un armata del Kapetanato con leader il Kapetano. In ogni magha c’erano uno o due ragazzi che erano responsabili per la logistica, anche in battaglia si occupavano del rifornimento di materiali e cibo, di impastare il pane, e di altri limitati compiti.

maghas, pl. maghes : figura e tipo sociale del periodo prebellico, forma stilizzata del mondo del rebetiko e era un uomo degli strati popolari urbani, caratterizzato da eccessiva fiducia in se stesso e dall’arroganza, e dall'aspetto e comportamento speciale. Abitualmente il maghas aveva un paio di baffi lunghi, scarpe a punta rialzata, pantaloni a righe e il koboloi. Portavano a mò di cintura una fascia dove nascondevano piccole armi, coltello o pistola. Camminavano con un modo particolare, quasi zoppicassero, indossando solo una manica della giacca. I maghes sono apparsi come kutsavakides intorno al 1870 e al 1892 , l’allora direttore della polizia Bairaktaris li cacciò senza pietà. Oltre alla pena detentiva e il taglio dei capelli , ordinava a tagliare a metà i baffi, costringendoli a radere l'altra metà - un insulto mortale per i maghes del periodo. Tagliava inoltre le punte delle scarpe e la manica della giaca che pendeva. Più tardi, dopo la prima guerra mondiale, il tipo del maghas ha avuto una nuova rinascita, questa volta legata alla cultura del rebetiko che ha dedicato diverse canzoni alla descrizione e alle abitudini del maghas. Maghià l’azione del maghas, maghitis, maghitissa, maghopeda: maghes giovani, mahalomaghas: il maghas del quartiere, kuradomaghas: il maghas di merda, choriatomaghas: il maghas del paese di campagna, Gerontomaghas: il vecchio maghas, vlahomaghas: il maghas delle montagne, skilomaghes:il maghas duro

maggiori, maghioros: capace, abile, che riesce in qualcosa in modo da provocare ammirazione, buon diavolo,sinonimo di tsiftis . La parola deriva dal italiano, maggiore o dal inglese major.Lo incontriamo anche al femminile maghiora o maghiorissa.

mahmurika, da mahmuris: dal turco Mahmur, appena svegliato, senza voglia, che non ha fumato ancora.

maniates: gli abitanti della regione di Mani nel sud Pelopeneso, nella penisola del Monte Taighetos. La penisola sterile e la sua connessione storica con l’antica Sparta, da ai maniates un carattere intransigente, una morale rigorosa, tradizioni dure basate sulla libertà, il sacrificio e l’onestà, il coraggio morale, l'orgoglio e il patriottismo. Dimostrano un grande rispetto per la tradizione, la famiglia e i morti, l’appartenenza alla loro terra e rivendicano con orgoglio che non sono mai stati schiavi di stranieri e hanno sempre vissuto liberi. Praticano la vendetta con l’accettazione della tregua. La prima posizione nella gerarchia della famiglia l’aveva il padre, o in caso di morte, il figlio maggiore. Le donne non avevano diritti ereditari ne altri diritti. Il divorzio era parola sconosciuta. Gli uomini erano costantemente impegnati o nelle guerre tra famiglie diverse o in guerre contro nemici esterni.


mapas: il narghilè

markutsi pl.-a: il tubo del narghilè da dove si ispira il fumo.

marghiola,marghiolissa, marghioliko: graziosa, seduttrice, ammaliante.

mavri, mavro: nero, l’hascish

meraklis,pl. meraklides : chi ha meraki per una cosa: colui che ha la curiosità, la pazienza e l’interesse per la conoscenza e la sensazione dei rapporti e relazioni tra cose, persone, e fenomeni. Dal turco merakli: il curioso, il ricercatore. Filosofi della civiltà del suk, del mercato e della piazza. Ricerca e stile nel arte di vivere.

metavassi: passaggio

mezè: stuzzichino che accompagna l’ouzo.

miconio ipnofora: il papavero d’oppio

mortis, pl. mortithes:dal italiano morte, il briccone, il birbante, l'uomo della strada che vive in modo disonesto o sospetto, il maghas che non ha paura della morte.Il termine nel 800 indica chi in periodo di peste e di epidemie raccoglie i cadaveri dei morti. E’ da questa vicinanza con la morte che vengono chiamati mortis e mortides.

hartziliki: la paghetta, la mancia.


Outi: dal arabo al oud,  l’outi è uno strumento musicale a corda, originario della Persia ed è abbastanza diffuso nella musica del Medio Oriente , ma anche nella musica popolare greca. E’ simile al liuto. Lo strumento persiano chiamato Barpat (oud) somigliava al oud egiziano suonato all'età dei faraoni 3500 anni fa. Gli arabi hanno preso il modo di suonare l'outi da parte dei Persiani. Questo strumento in seguito è stato nominato dagli Arabi oud che significa legno, legno sottile. Da lì, l'oud ha ottenuto il suo nome definitivo.

palikari: ragazzo coraggioso, l'uomo che di fronte a un difficile momento, minaccia o pericolo, non ha paura, ma mostra una grande forza mentale e morale , con un alto senso della dignità personale, il guerriero coraggioso, un adolescente o giovane che è nel fiore della sua età.

panighiri: la festa di campagna dove si suona la musica dimotikà.

patari: soppalco


philotimos,-i,-o: che ha il senso del onore

potirato: modo di fumare l’hascish, utilizzando un bicchiere (p
otiri) d’acqua e una pipa.

presa, presaki, pl. presakia, presakides,prezonia: l’eroina e l’eroinomane

priovolo: meccanismo di accensione prima del invenzione del accendino.

psilos: la caccola di hascish

psirù : la prigione

retsina: tipico vino bianco greco che si ottiene mettendo a fermentare insieme al vino anche la resina di pino.

salvari: tipo di pantaloni orientali.

santuri: dal turco santur, in italiano salterio, strumento musicale a forma di  trapezio isoscele, ha corde di metallo, lungo i due lati paralleli. E 'montato su una base  sopra le ginocchia del musicista. Spesso è appeso sulle spalle quando la festa è itinerante.. Si suona con due bacchette che hanno le estremità avvolte in cotone o in pelle. Le bacchette, con la punta rivolta leggermente verso l'alto, si tengono tra il dito indice e medio, con il pollice. Il nome deriva probabilmente dal psaltirio strumento bizantino, e nel corso dei secoli venne chiamato salterio,  santir. Secondo un'altra versione, il nome deriva dalla parola persiana santar che significa cento corde

sazi: strumento a corde della famiglia del liuto o del taburas. Ha un manico più lungo del buzuki. Di origine persiana si è molto diffuso nella musica turca.

seri: parte del narghilè

sidera: i ferri, la prigione

sirtò: ballo greco, detto strascicato.

stenì: la prigione, la stretta

strugu: la prigione

tsigariliki, pl. tsigarilikia (monofila, difila, trifila, polifila): lo spinello, con una, due, tre o oltre cartine

taburas: strumento musicale appartenente alla famiglia dei liuti.
taksimia: gli assoli del buzuki
thanasis: il narghilè

theriaklis: l’uomo che ha varie manie, il fumatore accanito, dal turco teriakli che significa fumatore di oppio e di narghilè. Theriakliki è la mania di usare vari tipi di tabacco e erbe.
vlamis, pl.vlamides : dal albanese vlum o Vellam, significa compagno, amico, fratello acquisito, amante, maghas e kutsavakis. Si diventa fratelli acquisiti, creando legami di amicizia tra due o più persone con un rito di tipo religioso. Dopo il rito queste persone hanno il sacro obbligo di aiutare un l'altro tutta la vita. Il loro legame non ha limiti.. Se uno di loro muore assassinato l’altro è obbligato a ricambiare il male, per vendicare il sangue del vlamis.

ypocosmos: mondo sotterraneo, l’underground, la “malavita”.