lunedì 24 marzo 2014

Nikos Mathessis, il Trellakias, (il pazzariello), (1907- 1975)



 

Sono cresciuto a Pireo. Vivevamo ad Agios Nikolaos, vicino alla Dogana. Mio padre era uno dei più grandi commercianti di pesce al mercato di Pireo. Aveva un banco di pesce al mercato centrale di Pireo. A me piacevano le lettere e la pittura, e da  ragazzino disegnavo, dipingevo e scrivevo versi. Ma mio padre non mi ha lasciato  finire il liceo. Mi ha fatto ritirare e mi ha preso con sé al mercato dicendo: "E qua il pane, gli artisti muoiono di fame!"
All'età di 15 anni, nei primi anni '20, mi sono trovato al mercato del pesce, una Babilonia di criminali, dove la lama a doppio taglio usciva  per un nonnulla. Trovavi di tutto, macellai, verdurieri,  pescatori, barcaioli, cocchieri, chasisopotes e bulli. Ero in un inferno, nel fango del mercato.
Allora il Pireo era una città molto feroce. Gli omicidi a Karvuniarika e, a Troumba e Tselepi erano all'ordine del giorno. Per quanto riguarda i tekè era pieno, sulla costa di Pireo, a Panagitsa, a Aghios Nilos, a Aghios  Nicolas, a Ghiftika, a Troumba e Hatzikyriakio. E più andavi in là , verso Aghios Dionisios, li fumavano per strada. Giocavano  a dadi sulla strada , passava il poliziotto e nessuno li dava importanza, piuttosto  tiravano fuori la doppia lama cosi poteva vederla. A Pireo c’era anche la polizia a cavallo. Bordelli c’erano solo nel quartiere Vourla, che dopo sarebbero diventati prigioni.   Le donne che esercitavano a Vourla non potevano uscire, era severamente proibito, e i militari tenevano sorvegliata l’area dei bordelli. Ma gli amanti-magnaccia  avevano i loro trucchi e a mezzanotte saltavano dentro eludendo le guardie . Ma néssuna delle donne ha fatto mai la spia. Ogni tanto accadeva qualche omicidio, ovviamente a causa delle donne. La stessa  donna che a causa sua qualcuno aveva commesso reati doveva  mantenerlo finchè non usciva di prigione. Non poteva fare altrimenti perché l’avrebbero uccisa gli amici del amante-magnaccia. Ma quando l’amante criminale usciva dal carcere, il suo primo lavoro era quello di sposarla, cosi imponeva la regola. E per il skylomaghas la legge non scritta era dura!



Negli anni °30 Drapetsona era un ghetto, non come oggi che è diventata come Kolonàki! Era una delle piazze più importanti dei maghes. Frequentavano i tekedes e i bordelli di Vourla gente di ogni risma. A Vourla c’erano più di 500 prostitute e tutto il mondo che gira attorno a loro. Avevo conosciuto una puttana di Vourla, viveva a Karvuniàrika, si chiamava Lucy. Si è suicidata nel '33, aveva sballato e poi si è accoltellata da sola. Questa era Drapetsòna, baracche, tekedes, traffico di droga in piena espansione, bordelli, ruffiani, criminali, contrabbandieri, maghes, prepotenti, truffatori, eroinomani, haschissomani, gente dal coltello facile, skilòmaghes, avanzi di galera. La polizia girava giorno e notte e ogni tanto faceva delle retate. Quelli anni erano di fuoco, si uccideva per due soldi, per una donna o per capriccio. Fin da piccolo, ero vivace, e ho fatto un nome nella piazza di Pireo. Era l'epoca dei koutsavàkides e dei daìthes. C’erano i tekès nascosti, dalla porta chiusa.
Per entrare dovevi suonare la porta  da iniziato e il teketzìs ti vedeva da qualche buco nella porta. C’erano le bettole che avevano la licenza da Kafenìo. In ogni bettola e kafenìo di quartiere c’erano appesi 3-4 buzùkia e baglamàdes per la marmaglia che lo frequentava. In questi kafenìa non smettevano di suonare, giorno e notte, il buzuki vari màghes, kopromagkes, skylomagkes, e màghes veri che avevano appreso a suonare nella vera scuola, quella del carcere. Sentivi sempre belle melodie del buzuki e canzoni del carcere e del tekè. Si mischiavano il canto del buzuki con il profumo del hashish dai narghilè e dai spinelli. Ovviamente per entrare dovevi aver la faccia, essere uomo della piazza, con una carriera criminale.



In questo mondo sono entrato anch’io e ho cercato di diventare il primo màghas. Volevo essere il primo palikàri e ho iniziato le sfide e a rispondere alle provocazioni con spavalderia. Tutti i kutsavàkides e i daìthes mi rispettavano. Ero diventato famoso, mi conoscevano anche le pietre, non ero un machalòmaghas, un maghas del quartiere. Andavo nelle altre piazze, dove c’erano altri màghes e gli provocavo. Obbedivo solo alla legge del màghas. Perché noi avevamo le nostre leggi, i nostri valori. Non tenevamo conto ne di Dio ne dei poliziotti, e non mi piacciono per niente gli sbirri. La cosa che ci piaceva, la facevamo senza dar conto a nessuno. Ma non frequentavo i bordelli, né i magnaccia, neanche gente di bassa lega. Facevo compagnia con i migliori màghes del epoca e con kutsavakia che non accettavano neanche il sorriso. Erano màghes famosi, duri, da tutti temuti, uomini che prima di rivolgerli la parola facevi le prove per un mese. Se qualcuno intendeva sfidarli passava prima dalla chiesa per l’ultima comunione.
Il cane, un bulldog di solito, era necessario ai daìthes, e accompagnava il suo padrone ovunque. Ogni volta che andavo al tekè prendevo anche il cane insieme. Narghilè io, narghilè anche il cane. Alla fine era diventato il primo cane hassiklìs del Pireo! Una volta arrivati al tekè, prima che io potessi entrare, il cane era già dentro e iniziava ad abbaiare ! Voleva il narghilé! Fumava e sballava. Era un cane màghas e hassiklìs.
Fin da piccolo mi piaceva dipingere e scrivere versi. Nel 1930 ho iniziato a scrivere canzoni per le registrazioni. La prima canzone che ho registrato era Mes’tu Nikìta ton tekè, Nel tekè di Nikìtas,:

Charmànis ime ap’to proì, pào ghia na fumàro/

Mes’stu Nikìta ton tekè, pu echi fino mavro


In carenza sono dal mattino, vado a fumare
Nel tekè di Nikìtas che ha il nero raffinato

Allora quando uscivano questi dischi, la polizia ci attenzionava, per causa del hashish, narghilè e cose cosi. Una volta, ero andato  a Drapetsona e dove c'è il ponte di ferro a Aghios Dionìssios, si è avvicinato un poliziotto e mi ha detto: “Non basta che vi lasciamo fare ciò che volete, ma lo mettete anche nei grammofoni e ci provocate” . Una parola tira l’altra, mi sono incazzato di brutto. Gliene ho dette di tutti i colori. E’venuto giù il finimondo, l’ho insultato pesantemente: “Ti metterò il narghilè nel culo, bruto stronzo, te e la tua corona”.



Nel 1938 ho fatto l'omicidio. C'era un màghas che era il terrore di Freatida, a Pireo. Era feroce e sanguinario, carico di sfide e vecchie condanne, con molti anni di carcere alle spalle. Era un skilòmaghas che uccideva per un non nulla. Ho avuto da dire con lui in un tekè, e siccome c’erano anche altri màghes presenti, questo li ha dato fastidio e mi aspettava al varco. Così arrivò un pomeriggio, al mercato, nel mio banco insieme a un suo cugino soldato, noto criminale. Mi attaccarono al improvviso, senza dirmi una parola. Il cugino mi ha tenuto la mano destra e lui, con un falcetto mi ha colpito al collo e alla spalla sinistra. Perdevo sangue e caddi in ginocchio dal dolore. Allora prima che mi finivano ho estratto una pistola a sei colpi, marca Uniate, gli ho sparato quattro volte! Lo colpirono due proiettili e l’ho ucciso. Mi hanno trasferito all’ospedale in afasia, mentre suo cugino è stato arrestato. Una volta guarito, sono rimasto sotto accusa per un po’ ma poi usci su cauzione e assolto per legittima difesa. E poi, il Venerdì Santo, sono andato alla sua tomba, ho sballato e ho cagato sopra! Perché l’avevamo detto che chi dei due uscirà vivo andrà a cagare sulla tomba del altro. E così ho fatto.
Lentamente il Pireo è cambiato. E’ arrivato il progresso. Si è organizzato il porto. Aboliti i barcaioli, andati i vetturini. Sono sparite le chiatte che erano un asilo per i ladri. I bordelli sono stati chiusi. I tekèdes sono stati spenti. Gli amanèdes non si sentono più nelle strade illuminate e gli ubriachi non esistono. Le baracche nei sinecismi sono sparite e al loro posto sono stati costruiti palazzi di due e tre piani. I pollai e le bettole di Drapetsona sono stati demolite e sono spuntati palazzi di otto piani. La Drapetsona è diventata il Kolonaki di Pireo. Ognuno ora ha l’auto e invece di ouzo o vino beve coca - cola... Ma i màghes e i rebètes non spariranno finchè il Pireo rimarrà un porto. Ci sono, si mescolano insieme a noi, si siedono accanto a noi, ma in un'altra forma. Non aspettate di vederli con la coppola e la cintura, a parlare màghika e kutsavàkika. Vive quindi il rebetis, non muore mai, perché ha sette vite. Perché non c’è giardino senza spine, non c’è campo senza erbaccia . Manca il Marzo dalla quaresima? Così non mancherà  il rebet-asker.
Qualche giorno fa è morta mia moglie. Le ho scritto una canzone un paio di giorni prima di morire:

Me dìchos màtia ke milià/ to Golgothà anevènis
Ghiatì kyrà mu viàzesse/ke den me perimènis

Senza occhi e parola sali il tuo calvario
Perché hai fretta mia signora e non aspetti anche me?

Doveva aspettare, ma lei aveva fretta. Non so perché. Tanto tra un po’ ci andrò anch’io. E’il cancro. Da un anno si è insediato nella mia gola! Sua Maestà il cancro! Lo nutro con le sigarette e l’alcol, perché non voglio vivere. L’altro ieri che mi ha preso la prima crisi mi hanno portato in ospedale e mi volevano addormentare, per aprirmi la gola. Guarda cosa volevano fare! Volevano addormentarmi! Ho detto loro no, no cento volte! Voglio essere sveglio per godere le ultime pene della mia vita. E così è successo, le ho godute!

L’ho scappata fino adesso ma tra un po’ andrò correndo al Ade. L'altra notte ho sognato di nuovo mia moglie che mi diceva: "Vieni!". Sono pronto per andar di là. E li dove andrò ci sarà tutta la vecchia guardia: Tsitsànis, Papaioànnou, Stràtos, Bàtis, Anèstos, Markos, Hatzichrìstos, Keromytis, Rosa e  Bellou. La compagnia è pronta nel Ade e mi aspetta.


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