Sono cresciuto a Pireo. Vivevamo ad Agios Nikolaos, vicino alla
Dogana. Mio padre era uno dei più grandi commercianti di pesce al mercato di
Pireo. Aveva un banco di pesce al mercato centrale di Pireo. A me piacevano le
lettere e la pittura, e da ragazzino
disegnavo, dipingevo e scrivevo versi. Ma mio padre non mi ha lasciato finire il liceo. Mi ha fatto ritirare e mi ha
preso con sé al mercato dicendo: "E qua il pane, gli artisti muoiono di
fame!"
All'età di 15 anni, nei primi anni '20, mi sono trovato al
mercato del pesce, una Babilonia di criminali, dove la lama a doppio taglio
usciva per un nonnulla. Trovavi di
tutto, macellai, verdurieri, pescatori,
barcaioli, cocchieri, chasisopotes e bulli. Ero in un inferno, nel fango del
mercato.
Allora il Pireo era una città molto feroce. Gli omicidi a
Karvuniarika e, a Troumba e Tselepi erano all'ordine del giorno. Per quanto
riguarda i tekè era pieno, sulla costa di Pireo, a Panagitsa, a Aghios Nilos, a
Aghios Nicolas, a Ghiftika, a Troumba e
Hatzikyriakio. E più andavi in là , verso Aghios Dionisios, li fumavano per
strada. Giocavano a dadi sulla strada ,
passava il poliziotto e nessuno li dava importanza, piuttosto tiravano fuori la doppia lama cosi poteva
vederla. A Pireo c’era anche la polizia a cavallo. Bordelli c’erano solo nel
quartiere Vourla, che dopo sarebbero diventati prigioni. Le donne che esercitavano a Vourla non
potevano uscire, era severamente proibito, e i militari tenevano sorvegliata
l’area dei bordelli. Ma gli amanti-magnaccia
avevano i loro trucchi e a mezzanotte saltavano dentro eludendo le
guardie . Ma néssuna delle donne ha fatto mai la spia. Ogni tanto accadeva
qualche omicidio, ovviamente a causa delle donne. La stessa donna che a causa sua qualcuno aveva commesso
reati doveva mantenerlo finchè non
usciva di prigione. Non poteva fare altrimenti perché l’avrebbero uccisa gli
amici del amante-magnaccia. Ma quando l’amante criminale usciva dal carcere, il
suo primo lavoro era quello di sposarla, cosi imponeva la regola. E per il skylomaghas
la legge non scritta era dura!
Negli anni °30 Drapetsona era un ghetto, non come oggi che è
diventata come Kolonàki! Era una delle piazze più importanti dei maghes.
Frequentavano i tekedes e i bordelli di Vourla gente di ogni risma. A Vourla
c’erano più di 500 prostitute e tutto il mondo che gira attorno a loro. Avevo
conosciuto una puttana di Vourla, viveva a Karvuniàrika, si chiamava Lucy. Si è
suicidata nel '33, aveva sballato e poi si è accoltellata da sola. Questa era
Drapetsòna, baracche, tekedes,
traffico di droga in piena espansione, bordelli, ruffiani, criminali,
contrabbandieri, maghes, prepotenti, truffatori, eroinomani, haschissomani,
gente dal coltello facile, skilòmaghes, avanzi di galera. La polizia girava
giorno e notte e ogni tanto faceva delle retate. Quelli anni erano di fuoco, si
uccideva per due soldi, per una donna o per capriccio. Fin da piccolo, ero
vivace, e ho fatto un nome nella piazza di Pireo. Era l'epoca dei koutsavàkides
e dei daìthes. C’erano i tekès nascosti, dalla porta chiusa.
Per entrare dovevi suonare la porta da iniziato e il teketzìs ti vedeva da
qualche buco nella porta. C’erano le bettole che avevano la licenza da Kafenìo.
In ogni bettola e kafenìo di quartiere c’erano appesi 3-4 buzùkia e baglamàdes
per la marmaglia che lo frequentava. In questi kafenìa non smettevano di
suonare, giorno e notte, il buzuki vari màghes, kopromagkes, skylomagkes, e
màghes veri che avevano appreso a suonare nella vera scuola, quella del
carcere. Sentivi sempre belle melodie del buzuki e canzoni del carcere e del
tekè. Si mischiavano il canto del buzuki con il profumo del hashish dai
narghilè e dai spinelli. Ovviamente per entrare dovevi aver la faccia, essere
uomo della piazza, con una carriera criminale.
In questo mondo sono entrato anch’io e ho cercato di diventare
il primo màghas. Volevo essere il primo palikàri e ho iniziato le sfide e a
rispondere alle provocazioni con spavalderia. Tutti i kutsavàkides e i daìthes
mi rispettavano. Ero diventato famoso, mi conoscevano anche le pietre, non ero
un machalòmaghas, un maghas del quartiere. Andavo nelle altre piazze, dove
c’erano altri màghes e gli provocavo. Obbedivo solo alla legge del màghas.
Perché noi avevamo le nostre leggi, i nostri valori. Non tenevamo conto ne di
Dio ne dei poliziotti, e non mi piacciono per niente gli sbirri. La cosa che ci
piaceva, la facevamo senza dar conto a nessuno. Ma non frequentavo i bordelli,
né i magnaccia, neanche gente di bassa lega. Facevo compagnia con i migliori
màghes del epoca e con kutsavakia che non accettavano neanche il sorriso. Erano
màghes famosi, duri, da tutti temuti, uomini che prima di rivolgerli la parola
facevi le prove per un mese. Se qualcuno intendeva sfidarli passava prima dalla
chiesa per l’ultima comunione.
Il cane, un bulldog di solito, era necessario ai daìthes, e
accompagnava il suo padrone ovunque. Ogni volta che andavo al tekè prendevo
anche il cane insieme. Narghilè io, narghilè anche il cane. Alla fine era
diventato il primo cane hassiklìs del Pireo! Una volta arrivati al tekè, prima
che io potessi entrare, il cane era già dentro e iniziava ad abbaiare ! Voleva
il narghilé! Fumava e sballava. Era un cane màghas e hassiklìs.
Fin da piccolo mi piaceva dipingere e scrivere versi. Nel 1930
ho iniziato a scrivere canzoni per le registrazioni. La prima canzone che ho
registrato era Mes’tu Nikìta ton tekè,
Nel tekè di Nikìtas,:
Charmànis ime ap’to proì,
pào ghia na fumàro/
Mes’stu Nikìta ton tekè, pu echi fino mavro
In carenza sono dal
mattino, vado a fumare
Nel tekè di Nikìtas che
ha il nero raffinato
Allora quando uscivano questi dischi, la polizia ci
attenzionava, per causa del hashish, narghilè e cose cosi. Una volta, ero
andato a Drapetsona e dove c'è il ponte
di ferro a Aghios Dionìssios, si è avvicinato un poliziotto e mi ha detto: “Non
basta che vi lasciamo fare ciò che volete, ma lo mettete anche nei grammofoni e
ci provocate” . Una parola tira l’altra, mi sono incazzato di brutto. Gliene ho
dette di tutti i colori. E’venuto giù il finimondo, l’ho insultato pesantemente:
“Ti metterò il narghilè nel culo, bruto stronzo, te e la tua corona”.
Nel 1938 ho fatto l'omicidio. C'era un màghas che era il
terrore di Freatida, a Pireo. Era feroce e sanguinario, carico di sfide e
vecchie condanne, con molti anni di carcere alle spalle. Era un skilòmaghas che
uccideva per un non nulla. Ho avuto da dire con lui in un tekè, e siccome
c’erano anche altri màghes presenti, questo li ha dato fastidio e mi aspettava
al varco. Così arrivò un pomeriggio, al mercato, nel mio banco insieme a un suo
cugino soldato, noto criminale. Mi attaccarono al improvviso, senza dirmi una
parola. Il cugino mi ha tenuto la mano destra e lui, con un falcetto mi ha
colpito al collo e alla spalla sinistra. Perdevo sangue e caddi in ginocchio
dal dolore. Allora prima che mi finivano ho estratto una pistola a sei colpi,
marca Uniate, gli ho sparato quattro volte! Lo colpirono due proiettili e l’ho
ucciso. Mi hanno trasferito all’ospedale in afasia, mentre suo cugino è stato
arrestato. Una volta guarito, sono rimasto sotto accusa per un po’ ma poi usci
su cauzione e assolto per legittima difesa. E poi, il Venerdì Santo, sono
andato alla sua tomba, ho sballato e ho cagato sopra! Perché l’avevamo detto
che chi dei due uscirà vivo andrà a cagare sulla tomba del altro. E così ho
fatto.
Lentamente il Pireo è cambiato. E’ arrivato il progresso. Si è
organizzato il porto. Aboliti i barcaioli, andati i vetturini. Sono sparite le
chiatte che erano un asilo per i ladri. I bordelli sono stati chiusi. I tekèdes
sono stati spenti. Gli amanèdes non si sentono più nelle strade illuminate e
gli ubriachi non esistono. Le baracche nei sinecismi sono sparite e al loro
posto sono stati costruiti palazzi di due e tre piani. I pollai e le bettole di
Drapetsona sono stati demolite e sono spuntati palazzi di otto piani. La
Drapetsona è diventata il Kolonaki di Pireo. Ognuno ora ha l’auto e invece di
ouzo o vino beve coca - cola... Ma i màghes e i rebètes non spariranno finchè
il Pireo rimarrà un porto. Ci sono, si mescolano insieme a noi, si siedono
accanto a noi, ma in un'altra forma. Non aspettate di vederli con la coppola e
la cintura, a parlare màghika e kutsavàkika. Vive quindi il rebetis, non muore
mai, perché ha sette vite. Perché non c’è giardino senza spine, non c’è campo
senza erbaccia . Manca il Marzo dalla quaresima? Così non mancherà il rebet-asker.
Qualche giorno fa è morta mia moglie. Le ho scritto una canzone
un paio di giorni prima di morire:
Me dìchos màtia ke milià/ to Golgothà anevènis
Ghiatì kyrà mu viàzesse/ke den me perimènis
Senza occhi e parola sali il tuo calvario
Perché hai fretta mia signora e non aspetti anche me?
Doveva aspettare, ma lei aveva fretta. Non so perché. Tanto tra
un po’ ci andrò anch’io. E’il cancro. Da un anno si è insediato nella mia gola!
Sua Maestà il cancro! Lo nutro con le sigarette e l’alcol, perché non voglio
vivere. L’altro ieri che mi ha preso la prima crisi mi hanno portato in
ospedale e mi volevano addormentare, per aprirmi la gola. Guarda cosa volevano
fare! Volevano addormentarmi! Ho detto loro no, no cento volte! Voglio essere
sveglio per godere le ultime pene della mia vita. E così è successo, le ho
godute!
L’ho scappata fino adesso ma tra un po’ andrò correndo al Ade.
L'altra notte ho sognato di nuovo mia moglie che mi diceva: "Vieni!".
Sono pronto per andar di là. E li dove andrò ci sarà tutta la vecchia guardia:
Tsitsànis, Papaioànnou, Stràtos, Bàtis, Anèstos, Markos, Hatzichrìstos,
Keromytis, Rosa e Bellou. La compagnia è
pronta nel Ade e mi aspetta.