Testo di Ilias Petropoulos, tratto e tradotto dal libro To Aghio hassissaki, prima edizione del 1987, Atene.
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Vent’anni fa, quando scrivevo i tre paragrafi dedicati all’hascish e alla tossicomania in Rebètika tragoùdia, mi trovavo in una situazione contraddittoria, psicologicamente e ideologicamente. Per proseguire con il presente testo, sono obbligato a presentare il contenuto dei suddetti paragrafi.
Dicevo, in quel tempo che:
L’hascish
Quella dell’hascish è una storia antica e, nello stesso tempo, completamente nuova. Lo conoscevano gli Sciti e ce ne parla anche Erodoto. Però gli antichi greci e i romani non lo usavano. Il nepenthès di Omero, pianta di provenienza egiziana, forse è hascish, forse oppio. Inizia intorno all’anno 1000 d.C. con i maomettani la grande diffusione di questa sostanza. In Grecia è arrivato dall’est e principalmente tramite ex-carcerati di Smirne, Missiriò, Prussa, Scutari e paesi arabi intorno al 1880. Poco dopo, nel 1890, ci sono i primi decreti proibizionisti. La totale proibizione della coltivazione dell’hascish arriva nel 1923, mentre solo negli ultimi anni è punibile anche il consumatore di hascish. Fino ad allora solo i trafficanti venivano perseguiti penalmente. Dal 1925 lo stato ha il monopolio dell’hascish.
Vent’anni fa, quando scrivevo i tre paragrafi dedicati all’hascish e alla tossicomania in Rebètika tragoùdia, mi trovavo in una situazione contraddittoria, psicologicamente e ideologicamente. Per proseguire con il presente testo, sono obbligato a presentare il contenuto dei suddetti paragrafi.
Dicevo, in quel tempo che:
L’hascish
Quella dell’hascish è una storia antica e, nello stesso tempo, completamente nuova. Lo conoscevano gli Sciti e ce ne parla anche Erodoto. Però gli antichi greci e i romani non lo usavano. Il nepenthès di Omero, pianta di provenienza egiziana, forse è hascish, forse oppio. Inizia intorno all’anno 1000 d.C. con i maomettani la grande diffusione di questa sostanza. In Grecia è arrivato dall’est e principalmente tramite ex-carcerati di Smirne, Missiriò, Prussa, Scutari e paesi arabi intorno al 1880. Poco dopo, nel 1890, ci sono i primi decreti proibizionisti. La totale proibizione della coltivazione dell’hascish arriva nel 1923, mentre solo negli ultimi anni è punibile anche il consumatore di hascish. Fino ad allora solo i trafficanti venivano perseguiti penalmente. Dal 1925 lo stato ha il monopolio dell’hascish.



Qualche volta gli hassiklìdes sballano, si ubriacano, respirando il fumo dell’hascish, che brucia in una stufetta, dopo aver chiuso bene porte e finestre. In questo caso gli hassiklìdes si chiamano dumanàkides (da dumàni: nebbia di fumo). In prigione i carcerati fumano gli spinelli nel letto, avvolti nella coperta, così respirano per molte volte i dumània senza che niente vada perso. Quando però i carcerati non hanno l’hascish fumano contemporaneamente tre sigarette o inghiottono un po’ di aspirine. Sembra che così facendo provino vertigini o sollievo. L’hascish odora come il livàni, incenso libanese. Gli hassiklìdes usano i verbi bere-fumare-tirare.
Il bere sostanzialmente è un verbo da taverna. Il fumare deriva dall’epoca in cui è stato introdotto il tabacco nell’impero ottomano; nei secoli dell’impero si fumava il tabacco nelle pipe o nei narghilè. Ci sono pervenuti molti disegni e incisioni sul tema. In ogni kubùra, selàhi, cintura dell’epoca, comparivano sempre la tabacchiera, la pipa - il priòvolo (lo stoppino) -, che accendeva l’esca, o il tsakmàki, insieme al fitìli. Famosissime erano le pipe di Alì Pascia, il pascià di Ioannina.

Due modi veramente rari di fumare l’hascish sono il potiràto, in cui si usa il bicchiere come narghilè, e un bocchino da sigaretta, e lo iufato, sistema per cui, mentre l’hascish brucia in un incensorio, l’hassiklìs respira il fumo con una pipa vuota.
§ La mastùra (lo sballo)
Il tekè è una delle fonti del rebètiko, o per lo meno di una sua parte. Chi fuma può perdere l’assuefazione ma non dimenticherà mai l’hascish. L’hascish lo si fuma nei tekè o nelle colline intorno alla città.
H màna mou me èsterne skoliò ia na pighèno
Ma gho travùssa sto vounò me màghes na fumèrno.
La mia mamma mi mandava a scuola per imparare
ma io andavo in collina con i màghes a fumare/
Famoso era il tekè di Sidèris, a Salonicco, che era stato immortalato dalla canzone di Tsitsànis.
L’uso dell’hascish è un vero disastro, il magico hascish è sicuramente il paradiso artificiale in terra, insostituibile per i disperati. Per questo lo fumano i poveri che si lasciano andare, e le persone sensibili per il corpo mortale che si disintegra. Si fuma e si dimentica. Attraverso l’hascish si realizzano speranze altrimenti vane. Fumano gli innamorati, tanto tutto finisce in amarezza. E gli amareggiati non li vuole nessuno.
Il tekè è una delle fonti del rebètiko, o per lo meno di una sua parte. Chi fuma può perdere l’assuefazione ma non dimenticherà mai l’hascish. L’hascish lo si fuma nei tekè o nelle colline intorno alla città.
H màna mou me èsterne skoliò ia na pighèno
Ma gho travùssa sto vounò me màghes na fumèrno.
La mia mamma mi mandava a scuola per imparare
ma io andavo in collina con i màghes a fumare/
Famoso era il tekè di Sidèris, a Salonicco, che era stato immortalato dalla canzone di Tsitsànis.
L’uso dell’hascish è un vero disastro, il magico hascish è sicuramente il paradiso artificiale in terra, insostituibile per i disperati. Per questo lo fumano i poveri che si lasciano andare, e le persone sensibili per il corpo mortale che si disintegra. Si fuma e si dimentica. Attraverso l’hascish si realizzano speranze altrimenti vane. Fumano gli innamorati, tanto tutto finisce in amarezza. E gli amareggiati non li vuole nessuno.
Na fumàro na bafiàsso ke tis pìkres na xehàsso.
Fumare fino a crepare, l’amarezza dimenticare.
Ancora fuma l’hascish chi vuole dormire senza spegnersi, chi vuole suicidarsi per tutta la vita. Tutti quelli che fumano hascish si sono fatti trascinare, e così si mettono ai margini del vortice sociale.
To hassìsi ki an fumàro eghò kanèna den piràzo/
Anche se fumo hascish non do fastidio a nessuno/
Sicuramente lo stato esistente mantiene le apparenze. La polizia vieta il fumo. Però gli hassiklìdes sono più interessanti degli ubriaconi e infinitamente più belli dei piccolo-borghesi. L’hascish regala rilassatezza, sogni dolci, la desiderata tranquillità, allontana i pensieri neri che genera la povertà. La povertà è una macchia. Nessuno vuole essere povero. E nessuno vuole sapere di essere povero. L’hascish è un sostituto della vita. Lo sballo è un peccato. I turchi non fumano hascish durante il Ramadan. Gli hassiklìdes con esperienza non fumano sigarette né bevono alcool perché gli sembrano senza sostanza. Gli hassiklìdes son buoni, sensibili, oziosi; tutti quanti prima o poi finiscono per oziare.
Fumare fino a crepare, l’amarezza dimenticare.
Ancora fuma l’hascish chi vuole dormire senza spegnersi, chi vuole suicidarsi per tutta la vita. Tutti quelli che fumano hascish si sono fatti trascinare, e così si mettono ai margini del vortice sociale.
To hassìsi ki an fumàro eghò kanèna den piràzo/
Anche se fumo hascish non do fastidio a nessuno/
Sicuramente lo stato esistente mantiene le apparenze. La polizia vieta il fumo. Però gli hassiklìdes sono più interessanti degli ubriaconi e infinitamente più belli dei piccolo-borghesi. L’hascish regala rilassatezza, sogni dolci, la desiderata tranquillità, allontana i pensieri neri che genera la povertà. La povertà è una macchia. Nessuno vuole essere povero. E nessuno vuole sapere di essere povero. L’hascish è un sostituto della vita. Lo sballo è un peccato. I turchi non fumano hascish durante il Ramadan. Gli hassiklìdes con esperienza non fumano sigarette né bevono alcool perché gli sembrano senza sostanza. Gli hassiklìdes son buoni, sensibili, oziosi; tutti quanti prima o poi finiscono per oziare.
Il narghilè viene considerato un oggetto sacro dagli hassiklìdes, come un bicchiere sacro, Il santo calice e l’ostia. Un attrezzo valoroso, la cui perdita è considerata una sventura.
Mi hiròtera, theè mou, èspasa to narghilè mou/
Mio dio che sventura del narghilè la rottura/
Kir-lohaghè, kir-lohaghè, mas èspases to narghilè/
signor tenente, signor tenente, il narghilè ci hai rotto.
Nei tekè lo sballo con l’hascish, la mastùra, costituisce piacere collettivo. Perché il narghilè passa di mano in mano mentre i baglamadàkia, piccoli buzùki, danno colore alle allucinazioni e sensazioni più strane. Una lunga tradizione vuole che il narghilè sia “bevuto” in silenzio, senza una parola. Quelli che hanno provato dicono che l’ora migliore per la mastùra è verso sera oppure presto al mattino con il fresco. E ancora che il mastùris, colui che sballa, è meglio se ascolta qualcuno che canta o suona qualche strumento.
Aftì ton pìnun ki eghò sfirìzo tis mastùras ton skopò/
Gli altri lo bevono, io dello sballo il ritmo fischio/
Si è registrato un innalzamento del consumo durante i momenti più difficili, come il 1897, al tempo del disastro dell’Asia Minore (1923), durante l’Occupazione nazista, ma anche nel corso della guerra partigiana e di quella civile.
La maggioranza degli hassiklìdes (i non delinquenti) sono disoccupati o inoccupati. L’hascish è diventato una piaga delle grandi città, un virus psicoerosivo nei porti. Si offre in tutti i quartieri popolari.
De mu lète, de mu lète, to hassìsi pu puliète/ Ditemi gente ditemi, l’hascish dove lo vendono/
To pulùn i dervisàdes, stus epàno machalàdes/ Lo vendono i dervisci, nelle piazze dell’alto borgo/
Il prezzo dell’hascish dipende dalla qualità e sicuramente dalla caccia che la polizia dà ogni volta ai commercianti. Un hassiklìs non si dispera se non può trovare o comprare hascish. Semplicemente sente che gli manca qualcosa ma poi trova sempre qualche amico che gli fa fare un tiro. Tre o quattro tiri ben fatti possono bastare.
Ad un hassiklìs di lungo tempo bastano tre o quattro tiri ben fatti per sballare. Il fumo respirato si tiene a lungo nei polmoni e questo provoca tosse secca. In pochi secondi si manifestano i primi segni dello sballo. Inizialmente faccia bianca, battito debole e dopo tachicardia, fischi nell’orecchio, senso di rilassamento, sete, bocca secca. Il peso corporeo sparisce, il tono muscolare è alto. Chi ha fumato vola con la fantasia. Desidera ballare danze sensuali. Senza perdere la coscienza del mondo, dimentica le cose da fare, e vola verso un mondo nuovo, dove esiste un’altra vita piena di bellezza e godimento.
Mi hiròtera, theè mou, èspasa to narghilè mou/
Mio dio che sventura del narghilè la rottura/
Kir-lohaghè, kir-lohaghè, mas èspases to narghilè/
signor tenente, signor tenente, il narghilè ci hai rotto.
Nei tekè lo sballo con l’hascish, la mastùra, costituisce piacere collettivo. Perché il narghilè passa di mano in mano mentre i baglamadàkia, piccoli buzùki, danno colore alle allucinazioni e sensazioni più strane. Una lunga tradizione vuole che il narghilè sia “bevuto” in silenzio, senza una parola. Quelli che hanno provato dicono che l’ora migliore per la mastùra è verso sera oppure presto al mattino con il fresco. E ancora che il mastùris, colui che sballa, è meglio se ascolta qualcuno che canta o suona qualche strumento.
Aftì ton pìnun ki eghò sfirìzo tis mastùras ton skopò/
Gli altri lo bevono, io dello sballo il ritmo fischio/
Si è registrato un innalzamento del consumo durante i momenti più difficili, come il 1897, al tempo del disastro dell’Asia Minore (1923), durante l’Occupazione nazista, ma anche nel corso della guerra partigiana e di quella civile.
La maggioranza degli hassiklìdes (i non delinquenti) sono disoccupati o inoccupati. L’hascish è diventato una piaga delle grandi città, un virus psicoerosivo nei porti. Si offre in tutti i quartieri popolari.
De mu lète, de mu lète, to hassìsi pu puliète/ Ditemi gente ditemi, l’hascish dove lo vendono/
To pulùn i dervisàdes, stus epàno machalàdes/ Lo vendono i dervisci, nelle piazze dell’alto borgo/
Il prezzo dell’hascish dipende dalla qualità e sicuramente dalla caccia che la polizia dà ogni volta ai commercianti. Un hassiklìs non si dispera se non può trovare o comprare hascish. Semplicemente sente che gli manca qualcosa ma poi trova sempre qualche amico che gli fa fare un tiro. Tre o quattro tiri ben fatti possono bastare.
Ad un hassiklìs di lungo tempo bastano tre o quattro tiri ben fatti per sballare. Il fumo respirato si tiene a lungo nei polmoni e questo provoca tosse secca. In pochi secondi si manifestano i primi segni dello sballo. Inizialmente faccia bianca, battito debole e dopo tachicardia, fischi nell’orecchio, senso di rilassamento, sete, bocca secca. Il peso corporeo sparisce, il tono muscolare è alto. Chi ha fumato vola con la fantasia. Desidera ballare danze sensuali. Senza perdere la coscienza del mondo, dimentica le cose da fare, e vola verso un mondo nuovo, dove esiste un’altra vita piena di bellezza e godimento.

In apparenza la vita dell’hassiklìs assomiglia a quella dei non fumatori, una vita comune a tutti. L’hassiklìs è un soggetto tranquillo e rilassato. Anche se ci sono tesi contrapposte, l’hassiklìs non offre nulla alla società, anzi ne è un parassita. L’hassiklìs è incapace di creare qualunque cosa. Principalmente assorbe, succhia. Ogni uomo sensibile e spirituale deve essere un nemico convinto degli hassiklìdes.
§. Le droghe pesanti
Oltre all’hascish esistono anche altre droghe cui fanno riferimento e certe volte decantano, Baudelaire, Kavadìas, Lapathiòtis, Papanikolàou ed altri. La più famosa è l’oppio, miconio afioni, che è il prodotto di un tipo di papavero (miconio ipnofora), conosciuto sin dall’antichità, che in Grecia cresce spontaneo in Tracia e Macedonia. L’oppio viene mangiato o fumato dalle persone libere da pregiudizi. In Grecia tempo fa le madri davano afiòni, tisana di papavero ai bambini per non piangere, ma l’oppio era sconosciuto come narcotico, droga vera e propria. Nell’esodo silenzioso dall’assedio turco della città di Missolungi, si racconta che le madri hanno fatto bere afiòni ai bambini cosicché i turchi non li potessero sentire.

Fra i narcotici di questa categoria hanno avuto una grande diffusione la morfina e l’eroina, ed anche la cocaina. La morfina si inietta. Risulta che metà dei morfinomani sono medici, mogli di medici, infermieri, studenti di medicina, addirittura ostetriche.
L’eroina si inietta, si può anche inalare con un tubicino e mangiare; è tre volte più tossica della morfina ed è stata usata per la prima volta nel 1889.
La cocaina deriva dalle foglie di una pianta sudamericana, la coca appunto, utilizzata dagli indigeni per resistere alla fame, al freddo e alla sete. Queste sono le droghe “tremende” che a differenza dell’hascish creano dipendenza nel consumatore, hanno bisogno di terapia specifica soprattutto per la disintossicazione e sono molto costose, distruggono in modo veloce ed irreversibile l’organismo umano. I tossicomani, come gli alcolisti, si distinguono a prima vista. Invece i fumatori di hascish non sono facilmente riconoscibili. E ancora: l’alcool e l’eroina distruggono direttamente. L’hascish invece consuma in modo laterale, inaspettato, invisibile. Istupidisce, addormenta, porta al sonno dello spirito. In Grecia gli hassiklìdes segnalati sono circa duemila. Il restante dei tossicomani non supera i 500. I tossicomani maschi sono 20 volte più delle femmine. I tossicomani chiamano se stessi presàkides, presàkia. L’LSD non ha trovato seguaci.

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